Chiedi la luna

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Passare per colle Oppio costituisce una meta romantica ed al tempo stesso piena di speranze per le giovani coppiette dedite ai sogni più azzardati ed alle mete più ambite.

Il parco del colle, situato tra antiche chiese e torri romane, venne realizzato negli anni Trenta con il Colosseo a fare da sfondo.

Tra le ricche testimonianze medievali, in un’ala inferiore del parco sorge un pozzo dei desideri.

Qui Alessia e Fabiano danno voce alle loro fantasie gettando all’interno della profonda cavità varie monete di euro. Complici e protagonisti di una storia d’amore adolescenziale come tante, non ancora disillusi dal tempo che verrà.

«Che cosa hai chiesto, amore..?» sussurrò Alessia.
«Quello che chiedo ogni sera, di ogni settimana, di ogni mese da quando siamo insieme… voglio restare con te per tutta la vita!» le fece eco Fabiano.

Si strinsero mano nella mano avvicinandosi l’un l’altra.
E, come ogni sera, si baciarono appassionatamente sulle labbra. Lui dovendo chinare un poco il capo, robusto ed alto come era. Lei alzandosi in punta di piedi per raggiungere le labbra carnose dell’amato.

La loro felicità non richiedeva particolari condizionamenti. Vestivano in modo semplice; un paio di jeans sdruciti e con qualche strappo alla moda, una T-Shirt con raffigurati alcuni idoli musicali, un paio di scarpe da tennis annerite per l’incessante utilizzo.

I pochi spiccioli che passavano per le loro tasche di studenti finivano nei fast-food e dentro il pozzo.

Fabiano cinse la ragazza alla vita, mentre lei poggiò la testa di lato contro la sua forte spalla.
Diedero la schiena alla struttura in sasso che custodiva monete e sogni e si avviarono lentamente verso l’uscita del parco.

Ormai le prime luci della sera avevano fatto capolino trascinando con loro una temperatura frizzantina prossima a salutare l’estate in favore del vicino autunno.

Sicuramente il luogo così suggestivo immerso nel verde contribuiva ad alimentare la fama del pozzo presso gli innamorati. Ed attorno ad esso si erano venute a creare delle crescenti leggende.

Leggende che narravano di amori perduti e ritrovati, di periodi di serenità a discapito delle sconfitte avversità.

Credenze popolari che non potevano toccare di meno il disincantato Vittorio.

Al pari dei ragazzi che ogni sera giungevano sino alla rinomata struttura seminterrata per affidarvi le loro più vivide fantasie, lui visitava il parco di Oppio nascondendosi tra i pini di dettero.

Non aveva nulla di particolare da celare agli occhi dei visitatori. Ma preferiva passare comunque inosservato e lasciare agli altri l’aspetto puramente turistico del luogo.

I meravigliosi giardini, nonostante un avanzato degrado ambientale, fornivano ancora motivo di ammirazione tra gli sguardi, come le fontane e i portali d’accesso disposti all’interno del perimetro nell’area della Domus Aurea.

Vittorio conosceva la zona avendo lavorato per molti anni come custode delle rovine archeologiche. Ogni interstizio, ogni alveolo eran privi di segreti per le sue necessità.

Il pozzo dei desideri comprendeva tali conoscenze.

L’opera, scavata nel tùfo litoide per una profondità di svariati metri, era totalmente priva d’acqua. Ed il suo incavo si collegava ad una parete perpedendicolare direttamente al suo fondale.

Per raggiungerla occorreva aggirare la parte esterna del parco ed attraversare un’arcata in rovina circondata da rovi pieni di aculei con all’estremità delle rose color giallognolo pallido.

Ormai pensionato da cinque anni e già sui settant’anni suonati, l’uomo non si faceva alcuno scrupolo di sorta nel varcare la piccola galleria che conduceva ad una pesante porta in ferro con i cardini consumati dal tempo.

Prelevò dalla tasca posteriore una piccola torcia a batterie e proseguì.

Superato quell’ostacolo si immetteva in un altro corto passaggio che attraversava la zona meridionale dell’Oppio romano.

Da qui gli era sufficiente scendere alcuni gradini in marmo antico che avrebbero dovuto restare vietati ai non addetti ai lavori; un divieto che lo faceva sorridere sarcastico.

Periodicamente compiva il preciso tragitto sino ad una piccola botola dal chiavistello arrugginito e dal metallo impolverato che apriva con grande attenzione.

Oltre la botola raggiungeva le monete che i ragazzi gettavano verso il fondo del pozzo infilandoci lo scarno braccio.

Rubava i sogni.

“Che sciocchezze!” meditava divertito giudicando l’ingenuità altrui.
“Vengono qui… chiedendo la luna!
Credendo che basti questo per raggiungerla…. Crescerete, stupidi, crescerete anche voi. E capirete che la luna non si può raggiunegere… mai!” concludeva il pensiero.

Le monete raccolte finivano per arrotondargli la pensione.
“La gente non immagina neppure quanti soldi si possono guadagnare senza fare troppa fatica…”
ridacchiava divertito.

Poi qualcosa richiamò il suo interesse.

Non un suono od una voce. Bensì una sensazione indefinita di uno spostamento dell’aria stessa.
Se gli fosse arrivato qualcuno alle spalle, ipotesi remotissima dato l’orario ed il luogo, ne avrebbe udito i passi.

Eppure l’improvviso turbamento che lo opprimeva meritava uno scrupoloso riguardo.
L’istinto lo avvisava di questo. E tra le qualità dell’uomo vi era anche quella di non ignorare quanto le percezioni gli dettavano.

Rivolse la torcia verso il cunicolo che si trovava alle sue spalle nella ricerca di un elemento fuori posto che confermasse i suoi dubbi.
Ma non scorse nulla di anomalo.

Seppure irrequieto, si costrinse a girarsi di nuovo per raccogliere le monete oltre la botola.
Fece in fretta però. Grattando la superficie piena di sassi, polvere e sporcizia che rappresentava il fondo della struttura.

Estrasse un piccolo sacchetto in nylon dalla tasca destra e vi ripose le monete.
Solitamente si soffermava a contarle con cupidigia. Ma non quella sera.

Preferiva tornare all’aperto il più presto possibile, poichè la strana ed indefinita sensazione che lo aveva colpito prima sembrava aleggiare ancora nella sua mente.

Finchè lo sentì.
Dapprima come un basso lamento, poi sempre più incisivo alle sue orecchie; il riso di un bambino.

Vittorio non capiva.
Era assolutamente assurdo che un bimbo fosse finito lì, pericoloso.
Fece qualche passo all’indietro, orientandosi verso quel suono, comprendendo che proveniva a tergo di lui.

E lo vide a pochi metri di distanza.
Il bambino avrà avuto si e no cinque anni, dalla bionda chioma ed il volto paffuto.
Rideva allegro, racchiudendo negli occhi la solarità e l’innocenza dell’età.

«Come… come se arrivato qui, piccolo…?»
gli chiese Vittorio avvicinandosi di qualche passo, esitante. Riuscendo a distinguerne i freschi tratti del viso.
Il bambino gli sembrava molto familiare, gli sembrava persino di riconoscerlo.

«Matteo…. dove sei finito?»
sopraggiunse una voce di donna vicina.

La giovane che comparve subito dopo poteva avere sui trent’anni.
Ed anche lei non era sconosciuta agli occhi di Vittorio.

Ma, se nel primo caso la sua idea era soltanto quella di un presentimento impalpabile, la ragazza gli ricordava invece incredibilmente una persona conosciuta molti anni prima
«Francesca…?»
sussurrò sbigottito.

“Non può essere Francesca…. cosa vado a pensare…. è.. è assurdo!” cercò di convincersi.

Lei posò una mano sulla spalla del bambino.
Vestiva modestamente, come il piccolino, un leggero vestito dai toni vivaci ed arancioni costellato di fiori. La nera chioma raccolta in una coda e fissata da un fermaglio argentato spioveva sino alle spalle.

No.
Non poteva sbagliarsi; quella donna non poteva essere altre che Francesca. Colei che lo amava, probabilmente la sola donna ad averlo fatto davvero. Colei che lui rifiutò per dedicarsi ad una vita solitaria ed egoistica.

E quel bambino?
Chi mai poteva essere quel bambino…?
Un brivido freddo gli percorse la schiena… rammentando i sogni, le parole, le promesse di due giovani ragazzi.

Portò la mano alla fronte, premendo con due dita le stanche e folte sopracciglia sbiancate dalle tante stagioni trascorse al mondo.

Quando tolse la mano tornando a fissare davanti a lui, la ragazza ed il bambino erano spariti.
Non li rivide più.

Scosso come non gli succedeva da tempo incalcolabile, si avviò verso la strada del ritorno.
Dimenticando a terra il sacchetto di nylon con le monete.
“Tornerò domani a prenderle” si disse “Tornerò domani…..”

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92 risposte a “Chiedi la luna

  1. @ceinwyn

    Certo che si… sennò come faccio a lasciarti con il fiato sospeso??
    ;-P
    Questi sono racconti singoli.. non prevedono ulteriori puntate.
    Salvo diversamente specificato nel titolo..
    😉
    Buona serata.
    Smuack
    ;*

  2. Avvincente, inquietante, dai risvolti che rispecchiano i gialli psicologici… finisce così… il grado di coinvolgimento soggettivo porterà ad uno sviluppo, ad un finale meglio definito, o semplicemente l’ immaginazione del lettore…
    Ma sei veramente Bravo !!
    Grazie, Key
    Felice sera. Bisous
    Giulia.

  3. Vittorio è un uomo che mi trasmette un ‘infinita tristezza, solitudine ed allo stesso tempo tanta rabbia… ruba i sogni altrui non pensando che il suo si era nel frattempo avverato…
    Solo un vigliacco di fronte a quella reale visione di un attimo non riconosce ciò che ha perso.
    Buona serata Key
    Un bacio

  4. Key che bello questo racconto!!!!

    Credo sia importante non perdere l’entusiasmo di vivere l’amore ed i sentimenti con tutto se stessi!!!
    Gli anni passano ed anche le delusioni aumentano, ma spero di avere sempre la forza di credere nell’amore, per poterlo donare appieno alla donna che resterà con me per la vita!!!!!!

    Un saluto affettuoso!!!!

  5. AMOR AETERNUS

    Ricchezze e potere scompaiono nell’insieme
    indistinto del grande mare del giusto
    e dell’ingiusto umano, quando è il momento
    che il nostro possesso decada;
    ma l’amore, anche se malriposto, è una di quelle cose immortali
    che sorpassano la fragile materia
    che saremo- o siamo stati.

    Percy Bysshe Shelley.

  6. Avevo 14 anni e a Fontana di Trevi lanciai rigorosamente di spalle
    la mia monetina. Un piccolissimo prezzo per il mio desiderio che poi,
    circa 10 anni dopo si è avverato.
    Grazie per aver risvegliato in me
    un dolcissimo ricordo. ^_^

  7. Complimenti. Bel racconto e bella scrittura. Torno a leggere il tuo blog con più attenzione per un commento più articolato.

    Lieto, comunque, per la tua partecipazione al Concorso di Emozioni. Il tuo blog merita di essere conosciuto da tanti altri lettori.

    R.

  8. Buongiorno Key! Alla fine sono stata spostata a martedì prossimo…Oggi la profe era peggio della bile acida!!

    Visto ke te mi dai un bacino contenuto, io te ne do tre infiniti!! ;D

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  9. Dolce risveglio non so…questo esame mi ha presa veramente male tanto che nonostante i 4 giorni che distano dall’ora del suicidio mi sento ancora angosciata come se dovessi farlo ora!! Spero di levarmelo bene…

    Un bacione fatato e felice venerdì! ;*

  10. Che dire Key? La speranza è l’ultima a morire e per i sogni si fa sempre in tempo a realizzarli. Vale anche per il ladro di sogni del tuo racconto.
    Bella lettura, scorrevole e piacevole, com’è sempre nel tuo stile.

    Buon fine settimana.
    Pep

  11. @gianniepinotto

    Buon fine settimana anche a te, e grazie per il passaggio sempre gradito.

    @capuncione

    Ricambio, capitano 😉

    @paugirl02

    Bacioni a te.

    @Faus74

    Buon week, druido

    @ventidiguerra

    Non preoccuparti, Giulia, il tuo passaggio è sempre gradito in ogni caso
    ;*

  12. CIAO ,SONO GINEVRAASIA RICORDI?HO LETTO IL TUO RACCONTO, E’ VERAMENTE BELLO ,COMPLIMENTI!!HO AGGIUNTO LE MIE POESIE E IMMAGINI AL BLOG, AVREI PIACERE TU MI LASCIASSI UN COMMENTO, TU SEI STATO IL PRIMO CHE MI HA APPREZZATO,CI TENGO A UN TUO GIUDIZIO!!CIAO A PRESTISSIMO!!!

  13. A parte i luoghi che adoro…come ben sai… direi che è bellissimo, l’uomo ormai vecchio e disilluso dalla vita che cerca di distruggere anche i sogni dei + giovani che vivono di speranze… finchè la vita (la vita?) nn gli manda un segnale forte e chiaro (quasi un contrappasso): I SOGNI ESISTONO…
    io la vedo così spero di nn aver interpretato male ^^

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