Definirmi bella sarebbe un azzardo. Sono filiforme, piccola di statura, con poco seno, un viso dai tratti morbidi e abbastanza comuni. Ho perciò imparato a esaltare i pochi punti di forza del mio corpo, come ad esempio gli occhi, grazie al dolce castano delle pupille e al trucco. Con Sauro Cacciacane, gli effetti sono superiori alle più rosee aspettative, sembrerebbe: mi si è incollato addosso sin dal primo appuntamento e già al secondo pare voler puntare immediatamente al sodo.
«Sei bellissima, Sofia. Io sento di non poter vivere senza di te.»
Mormora con una voce che, se mai ne avesse una, potrebbe appartenere di sicuro a un pesce lesso. Mi si avvicina e abbraccia, con la stessa capacità di una piovra: le sue braccia si moltiplicano, le mani scivolano ovunque. Per ogni volta che me ne sfilo una di dosso, inspiegabilmente, ne trovo due al suo posto. Difficile evitarlo, dentro l’abitacolo di una macchina.
«Sono le stesse cose che dici a tua moglie, Sauro?»
«Mia… che cosa c’entra, adesso? Ti sto confessando i miei sentimenti, donna. Parlo molto seriamente. Non mi credi?»
Lo fisso con gli occhi ridotti a due sottili fessure, dove una tonalità oscura ha già sostituito il castano rassicurante della terra fertile e arata di fresco.
«A furia di tagliare il pesce per il pranzo, ho sviluppato una discreta forza nelle dita.»
«Me ne sto accorgendo. Eppure non si direbbe, vedendoti.»
È incredulo, con i polsi bloccati nella presa decisa delle mie esili mani. La sorpresa non gli evita di tentare la solita meschina carta: l’espressione del cucciolo smarrito, quella che gioca sull’istinto materno posseduto da ogni donna. Con me non attacca. Ho un unico figlio: Nicola. La maggior parte dei finti marmocchi, come il bellimbusto di fronte a me, è spazzatura.
«Io voglio solo mostrarti le emozioni che riesci a provocarmi.»
«Intendi dire gli stimoli che provi nella zona inguinale?»
Lui risponde con un sorrisetto malizioso, svicola dalla mia presa e si slaccia la cintura dei pantaloni. Armeggia con le mutande e impallidisce a poco a poco, quasi avesse smarrito qualcosa di molto prezioso.
«Ti succede anche con tua moglie?» Insisto, sibillina.
«Lascia fuori quell’arpia, tesoro. Per amor di Dio, non la conosci. Se solo sapessi di cosa è capace quel mostro, tu…»
E si blocca, frenato da una sorta di sospetto. Più un intuito, di un ragionamento partorito da una logica che non possiede.
«Oh sì, invece. Siamo state compagne di scuola. Una cara ragazza, Matilde. Sempre prodiga a dare una mano con le lingue, dove io ero negata. In compenso, le offrivo il mio aiuto con la chimica e l’erboristeria. Non è mai diventata brava, in materia, ma abbastanza da inquadrare la soluzione a un problema. Poi ha chiamato me, mi ha spiegato la situazione e ci ho pensato io: un po’ di belladonna, marijuana e altre erbe, e ti toccherà tenerlo dentro le mutande per un bel pezzo.»
Scendo dalla macchina e inalo il profumo intenso del mare. I miei occhi, di certo, hanno recuperato la tonalità dolce del terreno. Ho saldato un vecchio debito con un’amica e messo la mordacchia al gallo.
Autore testi: Keypaxx © Copyright per questo testo dal 2017. Tutti i diritti riservati.
Immagini dal web © Copyright aventi diritto: “Christina Ricci” dalla rete.
Nella ideale parte di Belladonna ho scelto dal 2017 Christina Ricci.