«È da qualche tempo che avevo notato uno strano atteggiamento in Nascimbene. Nervoso, si assentava per intere notti, parlava sempre di un misterioso “tesoretto” nascosto…»
«Nascimbene…?»
«Eh? oh si, commissario. Lo chiamo spesso per cognome. Sa, per mantenere le distanze. Siamo, come si dice, separati in casa.»
«Capisco. Mi ha detto che ci ha seguito per… cautela…»
«Si. Da mesi ormai non mi fido più totalmente di lui.»
«E questo misterioso “tesoretto” di cui mi ha parlato? sarebbe, secondo lei, il motivo per cui il signor Nascimbene ha perso il nume della ragione? di cosa si tratterebbe esattamente?»
Crodomira Zavaglia esitò corrucciando la fronte, come fosse alla ricerca di un senso logico agli atteggiamenti di chi la logica la ha scordata completamente «posso solo ipotizzare che pensasse a un lascito da parte dei De Mancipaglia di Cipro. Per qualche sua ragione personale pensava fosse rimasto ancora qualcosa del capitale dilapidato dalla famiglia».
«E lei invece cosa pensa in merito alla questione?»
«Io? penso che il passato dovrebbe essere lasciato al… passato. Non ci sono modi perchè il presente lo comprenda appieno. Sono tempi diversi. Tempi che vanno in comune disaccordo».
«Vito, quando vuoi noi siamo pronti a rientrare» intervenne Carletto “il lungo” Baccaroso facendosi voce dalla porta di ingresso. La volante con a bordo Carmelo Nascimbene aveva già preso la via per il commissariato di Trieste.
«Fai cenno a Soraro di mettere pure in moto, vi raggiungo tra un momento» gli rispose Vito trattenendo lo sguardo sul fascinoso viso della contessa, ora chiusa in una cupe tenebra umorale che la faceva sembrare irraggiungibile ai comuni mortali «ora devo andare, contessa Zavaglia. Ma ho un’ultima cosa da domandarle, poi prometto di lasciarla riposare…»
la donna non rispose, limitandosi ad alzare lo sguardo con espressione interrogativa. Gli occhi baluginavano nella penombra, mentre una ciocca ribelle le scendeva in mezzo.
«…è possibile che suo… marito usasse due fucili per spaventare la gente troppo… curiosa? glielo domando perchè i bossoli rinvenuti appartengono al fucile da caccia con cui lo ha colpito, non alla lupara che lui ha usato per colpire me.»
«Nascimbene non è mai stato troppo costante nemmeno con le armi, commissario. In fondo, per così come stanno le cose, se ci fosse una logica sarebbe persino… preoccupante, vero?»
concluse illuminandosi il volto con un leggero sorriso freddo e disarmante che spiazzò, ancora una volta, Vito.
«Chi può dirlo, contessa. Chi può dirlo… È stata per me una notte piuttosto… movimentata. Per ora la saluto, ma la prego di tenersi a disposizione per ulteriori approfondimenti. Se ha in programma di lasciare Muggia a breve, rimandi per cortesia».
Poi l’uomo del sud salutò per l’ultima volta Crodomira Zavaglia, avvertendo dentro di sè la strana sensazione che non l’avrebbe rivista per molto tempo a venire.
«Hai una faccia strana, Vito. Abbiamo preso il mattocchio che sparava addosso ai cristiani… non ti senti soddisfatto?»
interruppe il suo filo dei pensieri Carletto “il lungo” Baccaroso, una volta raggiunta l’auto in sosta. Muggia stava per mettersi a dormire, al suo risveglio si sarebbe ritrovata con due abitanti in meno.
«Carletto… ti hanno mai raccontato la favola della volpe e dell’uva? la via per Trieste è ancora lunga. Presta attenzione perchè ho tutta l’intenzione di raccontartela un paio di volte».
La tenda della casa lasciata alle loro spalle si mosse permettendo a un paio di occhi verde marino di osservare la volante guadagnare strada e sparire dietro il tornante. Poi la luce della stanza si spense e tutto si mise a tacere.
Autore testi: Keypaxx © Copyright 2006-2011. Tutti i diritti riservati.