
La testa pulsava come fosse un tamburo picchiato da un complesso rock e gli occhi rifiutavano di aprirsi preferendo rimandargli immagini velate di quello che era lo spazio circostante. Oscar ci era andato pesante la sera prima. E soltanto i suoi ripetuti dinieghi gli avevano permesso di evitare una sbronza con i fiocchi. Succedeva sempre così quando lo incrociava al sabato sera ed era fuori servizio; una strenua lotta all’ultimo boccale di birra e, puntualmente, Vito Cammarata era costretto a giungere ad un passo dall’ubriacatura.
«Mannaggia a te, Oscar… ma quanta segatura ti hanno messo in testa?» Imprecò il commissario in un misto di severità e rimprovero. In parte verso se stesso e in parte verso l’amico.
«Ti trovassi una donna, invece di prenderti delle balle al sabato sera, non sarebbe più redditizio?» Rintronava alle orecchie la voce della sorella rimasta a Catania. Gli sembrava di sentirla quell’eterna cantilena. Certe volte pensava che in polizia fosse entrato il Cammarata sbagliato, sotto certi aspetti, Elena, era molto più rigida di lui. Nonostante fosse la minore tra i due. Ma la tarda domenica mattina non era stata l’unica a sorprenderlo tra le lenzuola. In realtà, il tamburo che avvertiva non era soltanto dentro la sua testa. Echeggiava anche dentro casa, e faticava a coglierne l’origine. Infine comprese che il rullo esterno era di gran lunga meno ossessivo di quello interno a lui; stavano bussando alla porta di casa.
«Un momento… arrivo, arrivo… (se la capocchia smette di girare)..»
si appoggiò alla spalliera e si mise seduto per qualche istante, per uscire definitivamente dal torpore del sonno e dai rimasugli di alcol. Afferrò la vestaglia vicina, dato che l’abitudine a dormire nudo non era rimasta al Sud con la famiglia. Si augurava che non si trattasse di una qualche emergenza, confidando nella squadra di bravi ragazzi che lavoravano in centrale. Scese al piano inferiore del suo casolare di campagna che abitava da poco più di un anno, e osservò dallo spioncino della porta chi fosse il suo visitatore domenicale. Non la conosceva e il nome con cui si presentava non gli diceva nulla. Benchè non gli fosse invece estraneo il fagotto scuro che teneva tra le braccia.

«Roccolo! Ma dove ti eri cacciato…? Hai combinato qualche guaio?»
Chiese rivolgendosi al gatto, mentre allungava le braccia per riprenderlo.
«No.. non ha combinato niente di male, stia tranquillo, commissario. Ho solo ritenuto opportuno riportarlo a casa, visto che gironzolava nella zona di caccia. Abito qui sotto, dopo il secondo tornante e Roccolo frequenta spesso il mio cortile. Probabilmente conoscerà mio cugino Oscar, immagino..»
il sorriso di lei dissipò completamente i resti della serata brava, e Vito constatò che portava la divisa con un’eleganza rara.
«La cugina di Oscar…?!? Mi aveva accennato di avere una cugina nella guardia forestale, ma non credevo… prego, prego.. vuole accomodarsi? Posso offrirle un caffè?»
«Grazie, commissario.. un caffè lo prendo davvero volentieri!»
Quel giorno, Vito Cammarata incontrò Diana Sintuosi. E non poteva immaginare come la sua domenica stesse per cambiare radicalmente…
Autore testi: Keypaxx © Copyright 2009. Tutti i diritti riservati.