Cosa succede dietro le quinte di un romanzo? Scoprire cosa accade nella realizzazione di un film, ai nostri giorni, è abbastanza facile: con le produzioni milionarie, che coinvolgono spesso notevoli investimenti e attori di primo piano, soddisfare la propria curiosità è alla portata di tutti. Ai lavori cinematografici sono dedicati speciali, interviste ai protagonisti, focus su sceneggiatori e fotografi, primi piani alle scenografie e costumi, approfondimenti sulle location in cui le sequenze sono state girate. Personalmente, amo addentrarmi nelle indiscrezioni e nei retroscena che coinvolgono la realizzazione di una pellicola. I contenuti speciali dei DVD, solitamente molto sostanziosi, sono per me un’autentica leccornia da vedere e rivedere. Perché non accade la stessa cosa nei confronti di un libro? Eppure, in molti casi, è soltanto grazie a un romanzo che nasce un film straordinario. Senza una base di scrittura, molti lavori cinematografici non sarebbero mai nati e il cinema, splendida creatura per immagini, presenterebbe, in alcuni frangenti, opere prive di anima.
Preferisco non stilare un elenco, mi limito a due soli titoli: La leggenda del pianista sull’oceano, capolavoro tratto da Novecento di Alessandro Baricco; Dracula di Bram Stoker, meraviglia visionaria girata da Francis Ford Coppola grazie al classico scritto dall’omonimo autore.
Sono opere diversissime tra loro, che in comune hanno appunto un senso di gratitudine impagabile nei confronti dei rispettivi romanzi. Quando ho letto il Dracula di Stoker, almeno fino a metà volume, sono rimasto letteralmente a bocca aperta: mi chiedevo com’era possibile che un testo simile, con un tale appeal ipnotico, fosse uscito a fine Ottocento.
Le storie sentimentali e maledette mi hanno, da sempre, avvinghiato quanto i rami di un’edera. Caprice, l’albina di Pontorson, paese che dispiega una stretta e lunga strada fino all’Abbazia di Mont Saint-Michel, è una strega nata sulle pagine di Caprice e il cavaliere e che, da tempo, desideravo richiamare sopra la mia tastiera. Ho rimandato a lungo, quel momento, dopo il primo lungo racconto che la vede protagonista, insieme con il cavaliere, addestratore di falchi, Jean Paul. Ho perso il conto delle volte che ho cestinato la trama iniziale: se avessi conservato tutte le diverse versioni, avrei potuto progettare almeno una mezza dozzina di libri. Ogni volta che ero convinto di aver ideato la sinossi migliore per un romanzo dedicato a Caprice, puntualmente la scartavo. L’albina non era mai contenta: sembrava osservare il lavoro, da dietro le mie spalle, e storcere il naso. Rischiava di trasformarsi in una maledizione, come quella narrata da Bram Stoker. O, più probabilmente con il senno di poi, era il giusto percorso che la strega di Pontorson desiderava per se stessa. Caprice mi ha contagiato con la sua insoddisfazione: niente era abbastanza valido, nulla era sufficientemente coerente. Voleva di più. Voleva il meglio.
Inconsciamente, ho percorso la strada che a suo tempo intraprese Terry Brooks con il suo secondo romanzo, un lavoro sofferto, cestinato e riprogettato sino all’ossessione: oggi, a distanza di quarant’anni, critica e lettori considerano quel libro, Le pietre magiche di Shannara, il migliore in assoluto.
Sia chiaro, non lo affermo io, nei confronti di Caprice e lo stregone. La responsabilità ricade sulla testa della mia editor, scrupolosa e puntigliosa in ogni singola frase: “sei cresciuto tantissimo, dai libri precedenti. Si sente un’attenzione particolare, una ricerca di precisione e una pulizia nella scrittura. Caprice è una giovane donna che seduce attraverso il fascino dell’animo e la tenerezza del modo di essere.”
Da non crederci. La streghetta dietro le mie spalle sogghignava compiaciuta.
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Autore testi: Keypaxx © Copyright per questo testo dal 2018. Tutti i diritti riservati.
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