27/01/17: dal diario di Prot

orizzonte

Vi siete mai soffermati ad analizzare cosa potrebbe pensare del vostro pianeta un visitatore proveniente da un altro mondo? Probabilmente no. Se lo aveste fatto, avreste dovuto anche analizzare le guerre; non c’è periodo della storia umana in cui non ne sia scoppiata una, con il proprio carico di morti, con il carico di distruzione e buio. A volte scoppiano per un presunto torto subito [esattamente come un singolo uomo ne colpisce un altro], a volte per la paura di quello che potrebbe fare il vicino confinante se avesse le stesse armi di chi attacca. A volte scoppiano per semplici sospetti, perché si vuole credere a un male superiore da evitare a tutti i costi. Se lo aveste fatto, avreste dovuto analizzare anche la fame; non c’è popolo sulla terra che presto o tardi non la abbia dovuta affrontare, dal nord al sud, dell’est all’ovest. Un popolo che non ha il problema della fame sulla terra non da particolare importanza a chi non riesce a sfamarsi. Forse può farlo credere, i governanti possono fingersi scandalizzati, dare il via a una gara di solidarietà tra popoli. Quegli stessi governanti che, con la loro politica egoistica e cieca, spesso provocano la stessa fame che fingono di contrastare. Se lo aveste fatto, avreste dovuto anche analizzare il vostro modello di vita; non c’è epoca che non abbia avvelenato il pianeta, prima con la rivoluzione industriale, capace di avvelenare la terra e l’aria, poi con l’evoluzione del progresso, capace di continuare ad avvelenare la terra e l’aria.
Quindi la mia domanda rimane in attesa di risposta. Perché la risposta attesa, quella per cui il mio cursore ancora lampeggia sulla pagina di questo foglio elettronico è semplice ma complicata; vi siete mai soffermati ad analizzare cosa potrebbe pensare del vostro pianeta un visitatore proveniente da un altro mondo? Probabilmente no, perché avreste dovuto analizzare soprattutto voi stessi
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L’interprete del film K-Pax, a cui è ispirato questo serial, è Kevin Spacey.

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28/12/16: dal diario di Prot

luna

Uno degli aspetti che mi ha sempre particolarmente colpito degli umani è il loro rapporto con coloro che li hanno concepiti. Sulla terra i rapporti con i propri genitori sono spesso fonte di problematiche dai risvolti inattesi. Prendiamo ad esempio il caso di Peter Mulligan, uno dei numerosi ospiti della clinica di Mark, Peter ha perduto i genitori quando la sua età misurava appena sette primavere. In quel periodo dell’esistenza, l’uomo sviluppa e perfeziona il carattere che lo accompagnerà per il resto della vita terrena. È un’età che potremmo definire “difficile e complicata”, un’età in cui si prende un modello comportamentale e, inconsciamente, lo si segue. Se quel modello comportamentale viene a mancare, per motivi che possiamo definire drammatici, il piccolo uomo matura una personalità zoppicante. Tuttavia il modello è indispensabile, come lo stesso Peter Mulligan mi ha dimostrato. Se non è il genitore deve essere una figura vicina; un parente stretto, un tutore. Se questo modello viene a mancare, il piccolo uomo corre rischi non indifferenti e il trauma può rivelarsi fatale.
“Peter ora non vuole più giocare. Peter aspetta mamma e papà. Gli hanno detto che arriveranno a prenderlo, quando la luna sarà ancora nascosta dalla luce del giorno, quando la luna non avrà ancora il coraggio di uscire per mostrarsi… Peter non ama la luna. La luna è cattiva e si mostra solo con il buio pesto”.
Peter Mulligan taceva per la maggior parte del giorno. Poi, prima che le ombre della sera arrivassero, riponeva i suoi giochi e pronunciava quelle poche ma significative parole. Ho conosciuto molti altri ospiti, nella clinica di Mark. Ma le figure dei genitori, per quanto i rapporti fossero complicati e spesso fonte di problematiche dai risvolti inattesi, sono insostituibili.
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08/12/16: dal diario di Prot

prot_08dic

Ci sono momenti in cui, forse, per la notevole mole di notizie da riportare, mi rendo conto di non avere argomenti da registrare su questo mio diario. Apro un file, [una pagina di un liso quaderno a righe, secondo il mio dottore Mark] e mi fermo davanti allo spazio bianco. Credete che uno spazio privo di appigli sia uno spazio vuoto? Non è così. Certo, se siete abituati a seguire precisi schemi, precise rotte e argomenti, vi sentirete per qualche istante perduti; vi trovate davanti ad una finestra, un varco verso quello che vorreste dire e quello che non riuscite a riportare. Questo varco inghiotte la vostra coscienza, la risucchia in un vortice che parla una lingua sconosciuta. Perché, sappiatelo, nessuno spazio è privo di sostanza. Il vortice vi parla, sempre, senza mai interrompersi, siete voi che per una predisposizione sbagliata non riuscite a percepire ciò che vuole dire. Lo spazio bianco, il vuoto che dovreste riempire, ma senza sapere ancora da che parte iniziare a farlo, è una massa; una folla di persone che vi passano accanto. Avvertite le voci, i passi frenetici, credete per un momento di cogliere un volto conosciuto in mezzo a volti estranei. Ma la folla non vi permette di familiarizzare, è un corpo in movimento perpetuo che scorre attorno a voi, mentre siete fermi, perduti. Ed è proprio quando lo smarrimento è totale, quando la coscienza precipita dentro quel bianco infinito, che arriva la comprensione del tutto. Se non lo capite, ascoltate il mio suggerimento; provate a chiudere gli occhi. Provate a sentire quelle voci e afferratene soltanto una. Pensatela come il verso di un gabbiano mentre la vostra zattera va alla deriva di un mare in burrasca. Ascoltatela attentamente, come la musica più dolce che abbiate mai ascoltato. Aprite gli occhi e troverete davanti a voi una nuova rotta, troverete nuovi punti cardinali, troverete una traccia da seguire per scandagliare con fiducia lo spazio bianco.
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08/11/16: dal diario di Prot

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“Il mio dottore dice che sto morendo.”
Nelle giornate trascorse dentro la clinica di Mark, il medico che più di ogni altro desiderava conoscere la verità, incontrai anche Michelangelo; uno degli ospiti più vecchi del complesso giunto alla fine della corsa che gli uomini chiamano ‘vita’.
“Ma io non temo la morte, lascerò dietro di me le mie opere. E quelle sì che sono immortali. Quelle sopravvivranno ai rigori del tempo, ai dottori e ai pazienti, ai geni e ai pazzi.”
“Perché hai voluto vedermi Michelangelo?”
“Volevo sapere se anche voi… voi che venite da un altro pianeta, dovete sottostare alla legge della morte”.
Nel suo letto di dolore riusciva a mantenere una lucidità a tratti, quando le pastiglie placavano la sua carne, cercava di nutrire lo spirito, prima di affrontare il fatale momento sempre più vicino.
Era affascinante discutere con Michelangelo, era in grado di descrivere dipinti, sculture, architetture con dovizia di particolari. Perché quello era il suo mondo e lo aveva esplorato a fondo. A suo modo anche lui era un alieno proveniente da un altro mondo. E ancora non smetteva di esplorare, neppure di fronte all’ultima porta prossima all’apertura.
“Su K-Pax esiste il termine della vita, esattamente come esiste sulla terra. Non vi diamo particolare importanza, lo accettiamo. È parte del percorso compreso nella nascita. Quando ce ne… andiamo, avviene con la consapevolezza del momento. In quell’istante valutiamo il cammino lasciato alle spalle, ogni cosa che abbiamo costruito. Perché questo è il senso della nostra esistenza; vivere intensamente ogni giorno dei nostri anni.”
Lui mi guardò con un cenno di comprensione, distendendo le labbra con un sereno sorriso a segnargli il volto.
“Io non temo la morte, lascerò dietro di me le mie opere. E quelle sì che sono immortali. Quelle sopravvivranno ai rigori del tempo, ai dottori e ai pazienti, ai geni e ai pazzi.”
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27/10/10: dal diario di Prot

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“Che cosa vedi esattamente quando sei lassù?”
Ross Daverwood era un amico di Mark (il mio dottore), lo aiutava a comprendere personalità complesse. Per Mark nessuna mente umana era priva di appiglio: cercare un filo conduttore con la mente del paziente era il suo mestiere e l’aspetto che maggiormente lo soddisfaceva dei suoi sforzi. Tuttavia, sebbene non sarebbe mai arrivato ad ammetterlo apertamente, trovava delle difficoltà ad individuare il mio filo conduttore. Così, tra gli altri, ricorse a Ross: un astronomo che si occupava dello studio dei corpi esterni all’atmosfera terrestre, con l’ausilio di matematica e fisica. Lo scopo di questo astronomo era quello di dimostrare l’erroneità delle mie affermazioni grazie ai dogmi della scienza degli uomini. Perchè per quanti dubbi potesse nutrire Mark sulla mia natura aveva una sola certezza: quella che non potevo essere quello che dicevo. Rispondere alle domande degli amici del mio dottore non dava alcuna garanzia di essere creduto, poichè fondamentalmente nessuno di loro desiderava credere.
Ross pose l’accento su aspetti differenti rispetto alle rotte stellari o al nome dei corpi celesti.
“Che cosa vedi esattamente quando sei lassù?”
Pose l’accento da un punto di vista inverso, per dubitare del proprio stesso dubbio.
“Vedo un pianeta che arranca nel profondo dello spazio, vedo uomini che si sormontano gli uni sugli altri, animali che hanno maggiore dignità di esseri con un q.i. dichiaratamente superiore. In altre parole: vedo la vita. Vedo quello che potreste vedere anche voi se decideste di osservarlo davvero”
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19/10/10: dal diario di Prot

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Il mio rapporto con la luce è un rapporto ambiguo. Essa rappresenta la fonte primaria delle mie possibilità di spostamento tra gli astri: grazie a complessi calcoli matematici è possibile viaggiare attraverso lo spazio e il tempo. In sostanza  dovete immaginare il cosmo stesso come una gigantesca curvatura, un perfetto tavolo da biliardo dove con la giusta angolazione è possibile muovere pallina su pallina su pallina. Occorre una padronanza della tecnica e molta abilità, ma statene pur certi: ogni pallina numerata potrà finire nella sua giusta buca. Il sole rappresenta questo insieme: un monumentale tavolo da biliardo di forma sferica dove abbiamo la possibilità di muoverci da una curvatura all’altra.
Potreste immaginare il sole come un padre e una madre: ci permette di abbracciare la vita, ci nutre e ci protegge. Ma la sua bellezza è tale che per poterlo minimamente vedere dovete munirvi di un paio di robusti occhiali da sole.
Esattamente come i miei.
Mark, il mio dottore, mi fece una precisa domanda a tal proposito:
“Cominciamo dal concetto del viaggio attraverso la luce. Cosa ci può dire in proposito?”
“Assolutamente niente. Se ve lo dicessi… potreste farvi del male. Vi sorprenderebbe sapere quanta energia c’è in un raggio di luce”
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11/10/10: dal diario di Prot

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Uno dei motivi per cui questo diario rappresenterà un elemento prezioso per coloro che lo leggeranno non è il suo contenuto. I documenti elettronici che lo compongono potrebbero contenere  la testimonianza di un giorno vissuto al nord del pianeta, a contemplare l’evolversi della luce sino al suo naturale crepuscolo. Potrebbero contenere anche la testimonianza delle meraviglie che danno luogo alla nascita di nuove speci biologiche. L’importanza di questo diario risiede invece in un altro aspetto che mi hanno aiutato a comprendere gli ospiti della clinica di Mark: la comunicazione.
La natura umana necessita di un contatto con i propri simili per imparare a conoscere le sue stesse priorità. La comunicazione porta alla curiosità, talvolta è quest’ultima a stimolare la prima, talvolta procedono in coppia per esplorare i territori della conoscenza.
Eppure sono le domande, il tentativo di instaurare un contatto a smuovere la mente umana da un torpore altrimenti destinato a rinchiuderla. Ed è in questo modo che mi sono rivolto ai pazienti di Mark; con il desiderio di offrire e avere delle informazioni, di portarli su un terreno di equo scambio.
In altre parole; comunicando.
La vera difficoltà non è quella di imparare ad ascoltare e chiedere. Quello che risulta difficile è riuscire a far capire come qualcosa di talmente semplice possa dare risultati che nessuna altra terapia conosciuta dall’uomo è in grado di ottenere
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03/10/10: dal diario di Prot

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Non sono l’unico alieno ad essere sceso sul pianeta “Terra”. L’universo è un tessuto di materia infinita con un numero incalcolabile di galassie e stelle. L’attuale epoca del dubbio è stata preceduta da altre fobie; come quella della paura. Ci sono stati anni in cui qualsiasi evento era visto dapprima con sospetto e poi come un male da estirpare. Per questo motivo molti di noi si limitano ad osservare la superficie terrestre sorvolando dall’alto, evitando problematici contatti con gli indigeni. Ma quando questi avvengono, per scelta o per incidente di percorso, quando avvengono durante anni in cui è la paura a dominare l’animo degli umani, possono accadere fatti come quelli riportati dalle cronache dei viaggiatori di Eresm 81. Il visitatore giunto dalle stelle osservò a lungo le problematiche di sopravvivenza legate all’evoluzione della civiltà terrestre prima di decidere di offrire le proprie conoscenze: il suo controllo sulla fertilità dei terreni avrebbe permesso di eliminare la fame. Probabilmente molte delle guerre scoppiate per conquistare dei diritti su zone ritenute più proficue sarebbero rimaste il sogno cupo di qualche governante. Il visitatore si presentò ad una vasta comunità, forte del valore delle proprie idee. Ma non furono quelle ad essere ascoltate, non furono le idee ad essere giudicate. Venne condotto al centro di un’aula, guardato con ribrezzo e paura. Il suo aspetto, così differente da quello umano, venne ritenuto “inadeguato” e sufficiente motivo per richiedere una purificazione attraverso il fuoco. Insieme a lui, nel 1692 anno terrestre, furono “purificati” altri uomini e donne che lo avevano appoggiato.
Salem è tristemente registrata nelle cronache di viaggio degli esploratori di Eresm 81.
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25/09/10: dal diario di Prot

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Certe volte mi sorprendo a pensare se siano corrette le motivazioni che mi spingono a registrare questo diario.
In definitiva si tratta di una testimonianza da lasciare a chi riterrà opportuno ascoltarla. Non è mia intenzione presumere di insegnare qualcosa, credo che ognuno abbia il diritto di percorrere un suo percorso liberamente.
Per questo ho deciso di rendere noto il mio; per conoscenza [e per impegnare il tempo che mi separa dal termine del viaggio].
Szath, il mio personale organizzatore mobile biomeccanico, [un Labrador, secondo il mio dottore Mark] mi starà aspettando dentro casa per archiviare i files che sto completando.
Chiuderò il capitolo inerente il pianeta “Terra” e discuterò con il mio organizzatore biomeccanico i programmi da affrontare nel corso delle prossime settimane. Poi mi fermerò.
Poichè ritengo che il senso dell’esistenza non sia soltanto viverla in modo attivo, ma anche riflettere su tutto ciò che si è appreso lungo il percorso.
E credimi, tu che presterai attenzione alle mie registrazioni, non serve affannarsi nel tentativo di scoprire significati profondi in quello che facciamo, ma avere l’opportunità di assaporarlo.
Rendersi davvero conto di quanto sia meraviglioso vivere è più importante dell’attesa di quello che verrà.
Conoscere questo è l’insegnamento migliore di qualsiasi altro vero insegnamento [chiusura file -click-].

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14/06/09: dal diario di Prot

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Hanno dubitato di ogni mia parola i terrestri. Ho reagito in modo inaspettato ad ogni loro tentativo di farmi apparire uno di loro.
Non è servito dimostrare che una settimana di terapia con 300 cc di torazina al giorno non davano alcun effetto.
Non è servito risolvere il problema delle stelle binarie che ogni scenziato terrestre si è dimostrato impreparato ad affrontare.
Non è servito rendere inefficaci i loro tentativi di ipnosi indotta. E non è neppure servito allontanarmi verso il Nord per poi ricomparire nella mia stanza, come promesso.
Ho appreso questo della natura umana: è una civiltà che pone il seme del dubbio davanti al loro stesso interesse. Mark, il mio dottore, ha cercato di mostrarsi imparziale, di dare precedenza alla scoperta della verità.
Ma cosa ci può essere di vero nel dubbio?
Per lui ero principalmente: “Il malato più convincente che mi sia mai capitato”. Nella loro affannosa ricerca di basi logiche, tendono a svilire i tanti segnali che sono a portata di mano. Preferiscono rimandare al domani quello che potrebbero già comprendere oggi.
E quando il domani finalmente arriva, le opportunità sono ormai scomparse. Forse ora, che avranno ricalcolato e rivalutato tutte le prove che avevano già in mano, che l’oggetto del loro dubbio è sulla strada di casa, forse, ora avranno compreso che l’universo è una enorme e meravigliosa occasione priva di dubbi.
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09/06/09: dal diario di Prot

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I terrestri hanno bisogno di vedere quello in cui credono. Quando affermano che la loro fede religiosa è esente da questo senso del corpo, quello della vista, in realtà mentono non sapendo di mentire.
Una fede priva di emblemi e di immagini sacre non è una fede che viene presa in considerazione. Anche qualcosa di astratto richiede la sua percentuale di tangibilità. Questo perchè rimangono sempre ancorati alla logica ferrea del ragionamento.
Tutti loro, tranne i pazienti dei reparti psichiatrici.
Vista e logica non sono elementi essenziali per definire quello in cui credono. Nel momento in cui mi venne chiesto, mostrai la rotta per raggiungere K-Pax. Indicai dei punti cardine precisi che furono materia di studio di astronomi. Ma non mi venne dato alcun credito, perchè in fondo rimanevo pur rinchiuso in un ospedale tra persone con dei “problemi mentali”.
Qui, al di fuori di ogni osservatorio, Carl Dreamfall mi chiese di mostrargli la rotta verso il mio pianeta.
“Non vedo nulla, Prot.. mi dispiace ma non lo vedo.” -disse-
“Lo so. Chiudi gli occhi adesso, Carl. Annusa il profumo dell’aria, lascia che il tuo viso sia bagnato dai raggi della vostra luna, ascolta il canto dei corpi celesti in movimento. Poi torna a guardare dove ti ho indicato… lassù”.
“Va bene, Prot…. ecco… ora che ho ascoltato, che sono stato toccato, che ho annusato.. mi sento come… Oh Dio mio!”
Carl Dreamfall, infine, vide.
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