Lakota non avrebbe saputo dire il motivo per cui, tra i tanti, il ricordo specifico le si affacciò alla mente. Samuel Willow era stata figura insostituibile nella sua formazione e crescita. Per il padre sarebbe stata disposta a compiere qualsiasi impresa. Probabilmente, anche senza ammetterlo sino in fondo, lo stesso valeva per la sua memoria. Sakima, l’uomo della medicina della riserva, non l’aveva in alcun modo costretta a prendere qualcuno dei suoi misteriosi intrugli. Eppure si sentiva, in qualche misura, strana. Per quanto la stranezza potesse essere definita uno stato particolare. Il pellerossa, di questo ne era consapevole, faceva uso di mescalina; un potente allucinogeno utilizzato per i riti sciamanici. Ignorava, invece, di cosa fosse composto il sottile fumo, che ormai da parecchi minuti, aveva preso ad avvolgere ogni cosa all’interno della tenda. Inizialmente avvertiva un forte aroma di tabacco. A cui si aggiunse un profumo di rose, gelsomini e ambrosia. Sakima era seduto nel tipico modo dei nativi americani; con le gambe incrociate e il busto perfettamente eretto. La stessa maniera in cui si era adagiata Lakota. La madre le aveva descritto minuziosamente gli effetti della pianta (almeno per quel che ne sapeva nei resoconti degli stessi antenati), ed era a conoscenza di come, il suo potere stupefacente, fosse di gran lunga inferiore a quello di droghe più rinomate. Tollerava il suo utilizzo da parte di Sakima ma, allo stesso tempo, tendeva a sottovalutarne la necessità. Immersa in considerazioni contrastanti, vide l’uomo della medicina cominciare ad agitarsi. Dapprima un breve movimento circolare del capo, in seguito anche il busto iniziò a contorcersi attorno al suo asse naturale. Successivamente venne il turno delle frasi; parole sconnesse, molto probabilmente appartenenti a una forma dialettale della tribù. Infine venne il turno del fumo. Come se disponesse di una coscienza propria, formò alcune piccole lingue che si piegavano verso l’alto e verso il basso. Si attorcigliavano a destra e a sinistra, lentamente e debolmente. Ma con precisa determinazione. Lakota cominciò a pensare di essere vittima della mescalina. Forse, pur non sapendo come, Sakima era riuscito a fargliene assimilare una piccola parte. Si rendeva conto di quanto assurdo fosse il suo pensiero (sia per la certezza di non aver ingerito nulla e sia per la serietà con cui l’indiano svolgeva i propri riti). Eppure, come altrimenti poteva spiegarsi quanto stava vedendo? il fumo continuò la sua opera di costruzione; diede origine a due masse più dense, poi a un’altra ancora più spessa collegata a due più sottili, infine ad uno sbuffo quasi circolare sopra le altre. Incredibilmente, il fumo aveva formato una sorta di corpo. E, ancora più incredibilmente, quel corpo mostrava caratteristiche molto famigliari a Lakota. Se l’assurdo poteva definirsi possibile e reale, se le regole del mondo fossero state lasciate fuori, se un’entità superiore non si stava prendendo meschinamente gioco di lei, il fumo le aveva portato un regalo; Samuel Willow, il padre scomparso.
Autore testi: Keypaxx © Copyright 2006-2012. Tutti i diritti riservati.
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