Eusebio Bianchetto è un mago, uno di quelli che girano nei teatri delle cittadine di periferia con un nutrito seguito di pubblico. È uno di quelli che veste in frac, con un papillon nero, una camicia bianca di pizzo e le ghette sulle scarpe. Ha lo sguardo stralunato e d’effetto, quando compie i suoi atti di magia. Il soprannome Bianchetto gli viene affibbiato da uno dei giornalisti che ne criticano la credibilità, ma è in seguito adottato dallo stesso Eusebio con vanto: nessuno è mai riuscito a smascherare i suoi trucchi e in particolare quello del bicchiere di vino. Al culmine dello spettacolo, si fa rovesciare da un volontario del pubblico un’intera bottiglia di vino dentro un singolo bicchiere, senza farlo traboccare nemmeno di una goccia e poi… zac!… un colpo d’occhi, e di mano, e il vinello bianco svanisce nel nulla. Santuzzo, un lentigginoso diciottenne dai capelli rossi e arruffati, è invece del mago un accanito estimatore e non ne perde un’esibizione. Ha soltanto un cruccio: quello di non riuscire a farsi fare un autografo dal suo idolo, che al termine della magia del vinello si ritira in camerino, facendosi poi riaccompagnare dal fido autista in limousine nera. Una sera, Santuzzo escogita un piano: segue i movimenti dell’autista del mago e, con un abile tranello, lo rinchiude in uno sgabuzzino.
«Che fine hai fatto, Orlando?» domanda l’artista, appena concluso il suo mirabolante numero con la bottiglia di vino.
«Se cerca il suo autista, mago Eusebio, le posso dire di averlo visto uscire di corsa dalla porta sul retro. Le serve un passaggio? Io non chiedo nulla, solo un autografo.»
«Massì, ragazzi, massì… datemi una penna che vi accontento!»
Santuzzo raccoglie due foglietti con due firme. E impallidisce.
«Adesso lasciatemi andare a cercare Orlando… hic… su, su, tornate a casa che è tardi per voi!»
Sbattendo contro lo stipite di una porta, che maledice, il mago Eusebio Bianchetto singhiozza, barcollando verso il retro.
Autore testi: Keypaxx © Copyright per questo testo dal 2015. Tutti i diritti riservati.
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