Qualche mese fa tra le pagine di questo blog ha esordito una serie particolare, rispetto alle precedenti. Differiva dalle altre per l’argomento trattato, quello dei nativi americani. Protagonisti anche del mio nuovo romanzo: Luna senza Inverno. Un tema, da sempre, vivo e tumultuoso nei miei pensieri – e non potrebbe essere altrimenti, poichè accompagna le mie letture sin dall’infanzia attraverso migliaia di fumetti affiancati, in seguito, da un numero crescente di libri -. La serie Lakota mi ha permesso di esprimere una scrittura che evidenziasse la condizione attuale degli indiani d’America. Tentativo comunque soltanto accennato e che spazia attraverso le vicende di una giovane militare meticcia. Ma chi sono questi uomini, donne e bambini con l’appellativo di “Lakota”? Per capire qualcosa di loro occorre dare uno sguardo a quanto tramandato dalla storia e conoscere, per quanto possibile, le loro figure più rappresentative. La cultura dei nativi americani è complessa, affascinante e, a tratti ancora oggi, misteriosa. Probabilmente, uno dei capi più importanti di questa tribù è Cavallo Pazzo – nome dalla errata traduzione occidentale che sostituisce “il suo cavallo è pazzo” -. Si tratta di un personaggio persino leggendario grazie alle imprese, ai limiti dell’incredibile, attribuitegli. Tra le varie voci c’era quella relativa alla sua invulnerabilità alle pallottole. E persino quella che lo voleva in grado di presenziare tra il suo popolo in forma di spirito. Viene definito un guerrafondaio dalla sua stessa gente, ma il carisma e le indubbie grandi doti di guerriero gli procurarono, per volere di Toro Seduto e Nuvola Rossa, la nomina di grande capo guerriero. Cavallo Pazzo passa comunque alla storia per imprese realistiche e non soltanto inverosimili: sua è la tribù che affianca Toro Seduto nella battaglia di Little Bighorn – dove si consuma una delle vicende più controverse di sempre; l’uccisione del Tenente Colonnello George A. Custer -. Ha dedicato la sua intera vita a contrastare i militari che tentavano di conquistare il territorio, minacciando la vita e la libertà dei nativi americani. Con il tempo diventa un’autentica icona indiana. Oggi molti istruttori di scuola militare lo ritengono il più grande stratega mai esistito al servizio della causa indiana. Alcune sue frasi restano scolpite nel tempo rivelando l’essenza del rapporto forzato tra indigeni e invasori: «Noi non abbiamo chiesto a voi uomini bianchi di venire qui. Il Grande Spirito ci diede questa terra perché ne facessimo la nostra casa. Voi avevate la vostra. Non abbiamo interferito con voi. Il Grande Spirito ci affidò un grande territorio per viverci, e bufali, cervi, antilopi e altri animali. Ma voi siete arrivati; state rubando la mia terra, state uccidendo la nostra selvaggina rendendoci difficile la sopravvivenza. Ora ci dite di lavorare per mantenerci, ma il Grande Spirito non ci creò per faticare, bensì per vivere di caccia. Voi uomini bianchi siete liberi di lavorare, se volete. Noi non vi ostacoliamo, e ancora chiedete perché non ci civilizziamo. Non vogliamo la vostra civiltà! Vogliamo vivere come i nostri padri e come i padri dei nostri padri.» La forza della sua figura è tale da entrare persino nel linguaggio comune con il suo particolare e incisivo grido di guerra; “Hoka Hey!” (È un buon giorno per morire!). Un grido di cui la cultura americana, indebitamente, cerca di appropriarsi; lo possiamo trovare nella saga Star Trek, nel film Linea mortale e in Piccolo Grande Uomo, oltre che in numerosi omaggi musicali anche nostrani. Lo stesso capo indiano viene citato in opere letterarie e musicali, basti ricordare Oriana Fallaci nel suo Insciallah. Memorabile in vita come nella morte gli viene dedicato il Crazy Horse Memorial; una intera montagna che sta per venire scolpita a sua immagine nel Sud Dakota. «Quando morirò dipingetemi tutto di rosso e gettatemi nel fiume: così ritornerò. Se non lo farete ritornerò lo stesso, ma come pietra.» (Cavallo Pazzo prima di morire).
Autore testi: Keypaxx © Copyright per questo testo dal 2014. Tutti i diritti riservati. Immagini dal web © Copyright aventi diritto: “Statua in onore di Cavallo Pazzo, nelle Black Hills.” viaggi.virgilio.it.