Le streghe accerchiano la pescheria e saltellano in strada. Portano cappelli in tulle e scope al seguito, ma non volano. Al pari dei pipistrelli, penzolanti alla tela che riveste la sommità delle bancarelle, girano in tondo: in bella compagnia di scheletri e fantasmi, riempiono ogni angolo di Spannaci. Halloween dilaga anche qui. È parte delle contraddizioni del mio borgo, rimasto ancorato al secolo scorso; come un naufrago che rifiuta di abbandonare il relitto e preferisce andare alla deriva, lasciandosi trasportare dalla corrente. Ad Acireale, per esempio, se ne infischiano: si calano un lenzuolo addosso e, a piedi scalzi, canticchiando canzoni e salmi, corrono con le torce accese per le strade di paese, rubando dolciumi dalle bancarelle per donarli poi ai bambini.
«Dolcetto o scherzetto?» chiede una streghetta, sulla soglia aperta del negozio. Ho un cannistru* colmo di delizie che l’aspetta: un gesto e un’occhiata complice e la fattucchiera in costume se ne serve a piene mani, quasi rovesciandolo per la foga. Dietro di lei, compare uno scheletro e un fantasmino. Quando s’involano per il borgo, ho già dimezzato la mia scorta di dolci. Chiudo leggermente in anticipo: Nicola e i miei ospiti saranno impazienti di mettersi a tavola. Prendo il pacchetto nascosto sotto il bancone e ne controllo il contenuto: voglio essere certa di non aver scordato nulla. La frutta martorana è al suo posto, in mezzo alla frutta secca. Agli angoli dell’involto, traboccano i crozzi, i mottu, i pipareddi e i tetù**.
«Dovrebbe esserci tutto» sussurro soddisfatta, leccandomi un labbro. Il vecchio Cipuddruzza mi saluta con un inchino, quando gli passo accanto. Se non si trattasse di una festa privata, lo chiamerei volentieri a casa. La figlia mi toglie dall’incertezza, sbucando dalla parte opposta della strada. Ci sono novantasei scalini da risalire, perciò saluto entrambi con la mano e mi dedico all’ultima fatica della giornata. Al ventesimo penso a mamma, che aveva mani delicate e una voce musicale, quando m’intonava la buonanotte. Al quarantesimo arriva papà, che mi portava sulle spalle e aveva braccia forti, dure come il ferro, e tutta la tenerezza del mondo. Al sessantesimo tocca a Sasà, una roccia di fratello maggiore, che aveva il compito di vegliare su me e Fanu, il più piccolino tra noi. Al settantesimo scivola via Annita, la mia bambolina dai folti ricci biondi, arrivata un anno dopo di me. Le nuvole, sulla vetta dei monti Nebrodi, li portano via, in una scia di rosa e azzurro, slacciandosi in cielo, immacolate come zucchero filato. Mi tengono compagnia ogni volta. Impossibile nascondere a Nicola gli occhi lucidi. Così mi sono inventata un’allergia, ingrandita dalla fatica della scalinata. Forse lui mi crede, forse no. Tra qualche anno troverò la forza di raccontargli la verità. Ora preferisco vedermelo davanti spensierato e felice, mentre attraverso la porta di casa.
«Li hai portati, matri***?» domanda, con l’acquolina in bocca.
«E tu li hai meritati, hai tenuto compagnia all’ospite?»
«Lo ha fatto. Nicola è un bravo figliolo, Sofia» interviene zio Gaspare. Appoggio il pacchetto sul tavolo della cucina, al centro, in un ampio piatto ovale, tra posate e bicchieri. Zio ha portato vino delle sue vigne e coca-cola per mio figlio. Un’altra festa dei morti rispettata, come da tradizione, perché se Halloween li vuole allontanare, con zucche e mostri, il nostro costume li avvicina, tra doni e regali nascosti. Ci portano biscotti ricoperti di polvere di cacao e zucchero a velo. Sono gli ospiti che non ci sono, ma che esistono nella prelibatezza della pasta alle mandorle e diventano balsamo per il nostro respiro.
—
*Cestino.
**Ossa di morto e altri biscotti tipici.
***Madre.
Autore testi: Keypaxx © Copyright per questo testo dal 2018. Tutti i diritti riservati.
Immagini dal web © Copyright aventi diritto: “Christina Ricci” dalla rete.
Nella ideale parte di Belladonna ho scelto dal 2017 Christina Ricci.